CHI SONO
COSA C’ENTRA UN ORTOPEDICO SPECIALIZZATO NELLA SPALLA CON LA PASSIONE PER IL RUGBY?
La mia vita, così come la mia scelta professionale, è stata molto influenzata, cosa che può apparire singolare, dalla passione giovanile per il rugby.
L’ho giocato fin da bambino con l’appoggio di mio padre, medico e grande appassionato della “palla ovale”, arrivando via via ad alti livelli professionistici che mi hanno portato ad indossare la maglia azzurra della nazionale maggiore.
Un’esperienza che mi ha insegnato tanto e, in particolare, date le caratteristiche di questo sport, molto basato sul contatto fra i giocatori, mi ha insegnato a tenere sotto controllo il mio corpo, a valutare i traumi subiti, a capire la loro entità e a provare a risolverli.
In altre parole, mi ha reso un esperto delle varie lesioni sportive, anche se in qualità di “vittima”, o meglio di paziente.
DA SPORTIVO TRAUMATIZZATO AD ORTOPEDICO SPECIALIZZATO
Una volta laureato in medicina, ho scelto la specializzazione in ortopedia proprio per mettere a frutto quanto avevo imparato in tutti gli anni passati sul campo da rugby.
Un’esperienza che si è rivelata in effetti molto utile per comprendere e interpretare meglio le esigenze dei pazienti.
Il primo incontro con la chirurgia della spalla, invece, è stato casuale.
Ero un giovane specialista, con diversi anni di esperienza in ospedale in qualità di assistente nell’equipe del mio maestro, il professor Alfredo Carfagni: in un centro di eccellenza traumatologica e di traumatologia sportiva.
Un giorno, il chirurgo esperto della spalla scelse di lasciare l’equipe, grazie a un altro importante incarico. Sorse il problema di sostituirlo. Il professor Carfagni cercò tra i suoi aiuti, specie quelli più anziani, chi si volesse cimentare con questa chirurgia particolarmente complessa.
L’OCCASIONE CHE MI HA CAMBIATO LA VITA
Una ricerca però senza successo, finché non mi feci avanti io: la spalla sarebbe diventata il mio nuovo “campo di battaglia”. In realtà, magari con un pizzico di incoscienza, mi affascinava l’idea di iniziare a impegnarmi a fondo, in prima persona, su una patologia, sebbene così complicata.
Era un’occasione per crescere, un’occasione da non perdere. Oggi, sono felice della scelta fatta allora e dell’impegno che mi presi.
Due anni fa, inoltre, ho raggiunto un primo traguardo importante in questo mio nuovo “campo di battaglia”:
ho contribuito a realizzare un sistema di protesi attualmente impiantato in tutta Europa.
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